Chi ha incastrato il Nord Stream?
Antefatto
La questione del Nord Stream, e ancor di più del suo ampliamento, sono sempre state oggetto di dibattito e tensioni internazionali. Infatti quasi un anno prima del sabotaggio, gli Stati Uniti avevano già iniziato a imporre sanzioni fiscali ai paesi che avessero usufruito del gasdotto. Ma questo è solo l’inizio: l’estate scorsa il segretario di stato Blinken incaricò il diplomatico Amos Hochstein di sabotare in ogni modo possibile il completamento del gasdotto. Poi il 5 agosto 2020 tre senatori repubblicani, Ted Cruz, Tom Cotton e Ron Johnson, inviarono una lettera a un sindaco di una piccola città tedesca asserendo che se avesse continuato a sostenere i lavori del Nord Stream nel porto della sua città, sarebbe andato incontro a “sanzioni legali ed economiche schiaccianti”. Infine, ciliegina sulla torta, lo stesso presidente americano Biden in una conferenza pubblica del 7 febbraio 2022 ha annunciato che “[…] Se la Russia invaderà l’Ucraina non ci sarà più un Nord Stream 2, lo faremo finire”. Ma perché gli USA ficcano il naso in questioni che riguardano nazioni sovrane?
Constatazione del decesso
Il 27 settembre 2022 viene scoperta la manomissione al Nord Stream 2. Washington e Mosca negano qualsiasi implicazione nell’accaduto. Faccio ora notare una curiosa coincidenza: lo stesso giorno dell’ “incidente” del Nord Stream è stato inaugurato il Baltic Pipe, un gasdotto che si inabissa in Norvegia per poi emergere in Polonia, costruito per ridurre la dipendenza dalla Russia. E scopriamo che il nome della Norvegia spunta anche da un’altra parte…
Analisi degli indiziati e conclusioni
Pochi giorni fa, il giornalista Premio Pulitzer del New Yorker Seymour Hersh ha dichiarato di aver ricevuto una testimonianza anonima di un marine americano: costui afferma di aver preso parte ad un’operazione segreta ordinata dalla Casa Bianca e dalla CIA (in collaborazione con le forze armate norvegesi; interessante, vero?) nella quale un gruppo di sommozzatori esperti avrebbero posizionato diverse cariche di C4 sul fondo oceanico. Tale azione, secondo il marine, sarebbe stata coperta con un’esercitazione della NATO. Lo stesso ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha affermato che l’attacco era stato effettuato da Washington.
Prendendo invece in considerazione l’ipotesi, fatta da molti analisti e politici europei, che siano stati i russi, risulta difficile motivare perché Putin, capo di uno Stato la cui economia e le cui esportazioni estere sono costituite all’80% da combustibili fossili, debba creare uno squarcio di 50 metri con centinaia di chili di tritolo nel proprio gasdotto costato miliardi, piuttosto che chiudere semplicemente il rubinetto. Aggiungo poi che 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di nove diversi paesi occidentali hanno recentemente dichiarato al Washington Post di non disporre di prove che possano collegare la Russia all’attacco.
Lasciando da parte la ricerca del colpevole, sta di fatto che le detonazioni hanno incrementato notevolmente il rischio per la biodiversità marina dell’area, o perlomeno questo è quanto emerge da un recente studio di Research Square, secondo cui i getti d’acqua conseguenti alle esplosioni avrebbero mosso almeno 250.000 tonnellate di fondale contaminato, mettendo a serio rischio la sopravvivenza di alcune specie locali, tra cui la focena e il merluzzo.
Pietro Lorenzo Polver
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