Dicembre dell’anno scorso: un’immagine, ricavata dalle telecamere di sicurezza di un McDonald’s nella Pennsylvania, ritrae un giovane incappucciato che sorride ad una dipendente. Quest’immagine comincia a spopolare sul web, sui social, su qualsiasi tipo di piattaforma. Il nome del giovane diventa famoso in un batter d’occhio: Luigi Mangione. Il motivo della sua improvvisa notorietà? I connotati erano quelli dell’assassino del CEO dell’UnitedHealthCare Brian Thompson, ucciso nel mattino del 4 dicembre con tre colpi di pistola. Incise sui tre proiettili le parole “Deny, Defend, Depose”.

Ma andiamo con ordine. Che cos’è l’UnitedHealthcare, e chi è Brian Thompson? Bisogna innanzitutto sapere che, rispetto all’Italia, dove dal 1979 è stato istituito il SSN (Servizio Sanitario Nazionale) il quale fornisce servizi medici di base gratuiti, negli Stati Uniti le cure mediche vengono assicurate solo se si possiede un’assicurazione sanitaria. Il sistema di assicurazione sanitaria presenta poi diverse opzioni, ognuna con peculiarità proprie. L’assicurazione privata, che può essere acquistata sia individualmente che tramite il datore di lavoro, è la forma più comune. Esiste anche Medicare, un programma federale destinato a persone sopra i 65 anni o con disabilità. Medicaid, invece, fornisce copertura sanitaria a coloro che hanno un reddito basso, ed è gestito a livello statale e federale. A supporto delle famiglie a basso reddito, ma non abbastanza per accedere a Medicaid, esiste il programma CHIP. Infine, il Marketplace consente agli utenti di acquistare polizze sanitarie, spesso con sussidi legati al reddito.

L’UnitedHealthcare (UHC) è un colosso tra le aziende di assicurazioni private: con 281 miliardi di dollari di ricavi, 100mila dipendenti e 49 milioni di clienti annuali, era al quinto posto nella classifica Fortune 500 del 2024 (classifica che ogni anno riporta le 500 maggiori aziende mondiali ordinate per ricavi). Perché allora Brian Thompson, CEO di una multinazionale dalle così ingenti entrate, ha fatto una fine tanto orribile? Osservando un sondaggio condotto l’anno scorso dalla Kaiser Family Foundation, un’organizzazione no profit americana con sede a San Francisco, si può notare come sei americani adulti su dieci hanno avuto problemi con le assicurazioni sanitarie nei dodici mesi precedenti tra richieste respinte e conti salati arrivati senza alcun preavviso. E non è tutto. “UnitedHealth, la casa madre di UnitedHealthcare, possiede anche NaviHealth, società che ha sviluppato un algoritmo che valuta a quali clienti concedere o negare i rimborsi per le spese mediche. NaviHealth è al centro di una causa collettiva che accusa il suo algoritmo di avere un «tasso di errore noto» del 90% e di aver causato la morte o il fallimento economico di innumerevoli pazienti”, questo è ciò che scrive Elena Tebano in un articolo dell’11 dicembre per il Corriere della Sera. L’algoritmo, che prende il nome di nH Predict, si occupava (al momento il suo utilizzo è stato interrotto) di assegnare una durata delle cure riabilitative e di negare o limitare la copertura delle cure: essendo questa un’intelligenza artificiale, che non esamina i vari pazienti caso per caso, risponde di conseguenza alle domande di cura o rimborso in maniera standardizzata, non adatta dunque alle necessità o richieste effettive.

Questa l’origine del malcontento e della frustrazione generale. Ma ecco che arriva Mangione, e ha luogo la vicenda che tutti conosciamo. Mangione è un 26enne di origini italo-americane. Il suo astio nei confronti della sanità americana è dovuto alla malattia di cui soffre, la spondilolistesi, patologia che porta allo scivolamento di una vertebra avanti o indietro rispetto a quella sottostante. La solita storia quindi: le cure che gli vennero fornite erano inadeguate, i tempi di ricovero troppo brevi, l’efficacia dell’intervento inesistente.

Torniamo alla data del 4 dicembre, ore 06 e 44 minuti: tre proiettili colpiscono il CEO, sparati con una “ghost gun”, arma priva di numero di serie, replicabile se muniti di pc e stampante 3D. Sui bossoli dei tre proiettili sono incise tre parole: “Deny, Defend, Depose”. Perché proprio queste tre parole? Il motivo è semplice, e si ricollega alle accuse mosse al colosso assicurativo: “Deny vuol dire negare – la copertura sanitaria, in questo caso. Defend vuol dire intraprendere azioni legali contro l’assicurato. Depose vuol dire scaricare i pazienti, attraverso burocrazia e lungaggini”, riportando un frammento dall’articolo di Beppe Severgnini, dell’11 dicembre, sempre per il Corriere della Sera.

Andrebbe quindi fatta una riflessione non tanto sull’omicidio in sé, sull’atto di violenza, quanto sulle cause che sono state la vera e propria goccia che ha fatto traboccare il vaso, poiché molto spesso si discute senza cognizione di causa.

Beatrice Nikolli