Arriva sempre quel giorno in cui anche i grandi regimi, all’apparenza granitici e con un controllo assoluto su tutto e tutti, perdono il loro potere, si fanno sfuggire dalle mani il popolo che, come un’anguilla, si dimena per raggiugere la libertà e quel giorno ha per tutti un nome solo: rivoluzione. Non sappiamo se le proteste in Iran porteranno a questo, se il popolo riuscirà a raggiungere la libertà, ma senza dubbio i manifestanti, disposti a morire in nome di un ideale sognato e agognato, stanno creando grosse crepe nel regime iraniano.

Cosa è successo?

Tutto è scoppiato il 16 settembre, quando Mahsa Amiri, una ragazza curda di 22 anni, è morta in seguito alle ferite causatele dalla polizia morale, che l’aveva fermata tre giorni prima perché non indossava correttamente il velo, l’hijab. L’indignazione nel Paese e nel resto del mondo è stata grandissima e ha portato nelle piazze delle città e delle province iraniane moltissime donne, che protestano per la loro libertà, per rovesciare una società patriarcale dove vengono considerate come oggetti e sono prive dei diritti fondamentali; a loro si sono aggiunti anche i giovanissimi e i poveri, esasperati dalle difficili condizioni economiche che affliggono il paese, sempre più isolato negli ultimi anni e sottoposto a sanzioni da diversi Stati Occidentali.

Cosa non possono fare le donne in Iran

Ma vediamo qual è la condizione delle donne in Iran oggi:

  • in Iran le donne non possono ricoprire la carica di Presidente della Repubblica;
  • sono obbligate a indossare l’hijab, e possono indossare vestiti “occidentali” solo a patto che non siano aderenti e che abbiano le maniche lunghe;
  • non possono amministrare le ricchezze della famiglia e in caso di morte del marito ricevono solo un ottavo dei suoi possedimenti;
  • non possono sposarsi con chi vogliono perché è considerato delitto d’onore;
  • le donne sposate devono frequentare corsi di pianificazione familiare imposti dal governo;
  • l’adulterio è punibile con la morte e lo stupro da parte del marito non è ritenuto tale;
  • non possono ballare né cantare se non accompagnate da maschi e solo per un pubblico femminile;
  • non possono andare in bicicletta;
  • possono recarsi allo stadio solo per le partite della nazionale;
  • non possono viaggiare all’estero da sole, se sposate.

Sono evidenti e ben comprensibili a questo punto le motivazioni delle proteste, che tuttavia non si limitano a questa serie di diritti negati.

La polizia morale

Questo corpo di polizia è stato istituito nel 2005 allo scopo di far rispettare il codice di abbigliamento femminile introdotto dopo la rivoluzione del 1979. Dopo averle arrestate, la polizia può condurre le donne in strutture definite di correzione dove vengono istruite a vestirsi e a comportarsi correttamente. Una conseguenza delle prolungate proteste a quanto sembra è stata la sospensione di questa polizia, la sua causa scatenante; questa notizia, tuttavia, non trova riscontri in tutte le testate giornalistiche iraniane, alcune si dimostrano scettiche.

Inoltre, il governo ha bloccato WhatsApp, Instagram, Signal, Linkedin e ha isolato internet dalla rete globale, nel chiaro tentativo di arrestare la comunicazione tra i manifestanti e ogni fuga di notizie verso gli altri Paesi del Mondo, tentativo vano fino a questo momento. Secondo quanto riporta il quotidiano riformista Shargh, il deputato Hossein Jalali ha affermato che alle donne che non indossano il velo o che lo fanno in modo inappropriato verranno dati tre avvertimenti sul proprio cellulare, al termine dei quali verrà bloccato il conto bancario.

La lotta tra repressione e speranze

Il bilancio delle proteste secondo Amnesty International, Hrana (agenzia di stampa specializzata in diritti umani) e la Human Rights Association ammonta a 63 giornalisti arrestati (senza alcuna possibilità di parlare con i familiari e di avere un proprio avvocato nel processo) 475 manifestanti e 56 agenti della polizia uccisi, 20.000 arresti tra gli autori delle proteste e 28 condanne a morte in attesa di esecuzione. Intanto sono stati proclamati tre giorni di sciopero nella capitale Teheran e in altre città iraniane. Gli scioperi hanno coinvolto anche gli autotrasportatori e alcuni lavoratori degli impianti petrolchimici di Mahshahr e delle acciaierie di Isfahan e in varie università iraniane gli studenti hanno boicottato le lezioni e organizzato manifestazioni.Nel terzo e ultimo giorno dello sciopero nazionale chiesto dai manifestanti antigovernativi, è arrivato un clamoroso e inatteso sostegno pubblico a coloro che protestano contro il regime da parte di Badri Khamenei, sorella della Guida Suprema dell’Iran Ali Khamenei, al potere dal 1989. In una lettera rilanciata da radio Farda, Badri ha criticato il fratello per non aver ascoltato la voce del popolo iraniano, ribadendo di aver tagliato i ponti con il leader della Repubblica islamica dopo aver cercato ripetutamente di convincerlo ad ascoltare le richieste della piazza, che chiede da tre mesi la libertà. Infine, ha espresso la speranza in una vittoria del popolo e nel rovesciamento del regime.

La gestione del potere in Iran

Chiariamo quali sono i poteri e il ruolo di questa Guida Suprema: secondo l’articolo 110 della Costituzione chi ricopre questa carica deve supervisionare e indirizzare la politica iraniana e farsi garante del rispetto dei principi della religione islamica. La Guida Suprema, o Ayatollah, è il comandante in capo delle forze armate; può affidare o revocare l’incarico di capo del sistema giudiziario e di vari ufficiali dell’esercito, della polizia, delle emittenti radiotelevisive nazionali e dei giuristi del Consiglio dei Guardiani della Costituzione (corrispondente alla nostra Corte costituzionale). Dunque, la Guida Suprema è la prima carica dello Stato e rappresenta il massimo potere politico e religioso. La seconda carica dello Stato è il Presidente della Repubblica, eletto dal popolo ma subordinato alla Guida Suprema; per ricoprire la carica deve essere una personalità di rilievo nel campo religioso e politico, di nazionalità iraniana e con capacità amministrative, inoltre, deve dimostrare lealtà verso i principi della Repubblica e una profonda fede nell’Islam.

Conclusioni

Le rivoluzioni sono sempre un fenomeno politico e sociale complesso; hanno sempre affascinato gli idealisti e acceso la speranza in coloro che sono in condizioni disperate, ma si deve fare attenzione, perché possono essere estremamente violente e spesso non cambiano i sistemi di governo ma solamente i governanti. Come quando nel libro scritto da Tolkien “Lo Hobbit” ci sono le cosiddette cinque armate a contendersi la montagna solitaria, anche in Iran nell’eventualità di un rovesciamento del regime potrebbero esserci le autorità dell’esercito, o altri Stati interessati a piazzare i loro uomini nelle posizioni di potere. Detto ciò, queste proteste devono farci riflettere sui nostri privilegi, i diritti che abbiamo per nascita: non sono scontati, sono il frutto delle battaglie dei nostri antenati. Combattiamo allora perché anche popoli come quello iraniano possano goderne, ma vigiliamo affinché siano conservati e garantiti ovunque.

Nicola Santacatterina