OTTIS TOOLE, uno dei killer più prolifici d’America

Ottis Toole, da piccolo soprannominato “il bambino del Diavolo”, ebbe un’infanzia più che travagliata, potremmo dire addirittura spaventosa.
Nacque il 5 marzo dell’anno 1947 a Jacksonville, in Florida. Il padre era un alcolizzato che si divertiva a picchiare i membri della famiglia e ben presto li abbandonò. La madre, oltre ad essere una fanatica religiosa, era anche una donna estremamente violenta, che si burlava del figlio vestendolo da ragazza e chiamandolo con nomi femminili, quali Susan o Becky. Ma la ciliegina sulla torta fu probabilmente la nonna, una satanista convinta, come lei stessa disse perfino alle autorità, che fece partecipare il povero bambino alle sedute di una setta satanica, sedute che prevedevano autolesionismo e disseppellimento di cadaveri. Inoltre, Ottis venne abusato anche da altri parenti stretti, come la sorella maggiore, con la quale ebbe le sue prime esperienze sessuali.
All’età di dieci anni, il ragazzino dichiarò di essere omosessuale e per questo venne pesantemente maltrattato, soprattutto dalla madre. Il rapporto tra i due divenne sempre più complicato e burrascoso, finché Ottis non scappò di casa, diventando vagabondo e talvolta lavorando come gigolò. Questa “occupazione” lo portò al suo primo omicidio. Aveva a malapena quattordici anni, nel 1961, quando ricevette delle avances sessuali da parte di un vecchio uomo d’affari. Dopo aver rifiutato la sua corte, Ottis lo investì con la sua auto e fuggì, abbandonando sia il cadavere sia la macchina. Per un colpo di fortuna sfacciata, non fu mai accostato a quell’omicidio, se non quando egli stesso confessò di averlo compiuto.
Il killer, ormai diciassettenne, venne arrestato per vagabondaggio, ma uscì dal carcere pochi mesi dopo, e decise di spostarsi verso il sud-est degli Stati Uniti. È proprio in Colorado, nel 1974, che le autorità iniziarono a sospettare avesse compiuto due omicidi: quello di Patricia Webb, ventiquattrenne, dopo un mese quello di Ellen Holman, trentunenne. Ma anche questa volta riuscì a farla franca e decise di tornare a Jacksonville.
Nel 1976 si sposò con una donna di venticinque anni più grande, probabilmente per nascondere la sua vera sessualità a causa della reazione della madre al suo coming out. Ma già tre giorni dopo le nozze la situazione precipitò: la moglie, venuta a sapere del suo vero orientamento, lo abbandonò senza pensarci due volte.
Dopo circa due mesi Ottis incontrò Henry Lee Lucas in una mensa dei poveri, e divennero amanti. Questa relazione segnò probabilmente il vero e proprio inizio della sua vita da serial killer: in quel periodo l’uomo sentì di poter dare sfogo ai suoi istinti più contorti.
Dalle sue confessioni si è saputo che accompagnò l’amante in più di cento omicidi, molte volte compiuti su richiesta di una setta dal nome “The Hands of Death”, ossia “Le Mani del Diavolo”.
Primo fra questi fu l’uccisione del sessantacinquenne George Sonnenberg, con il quale Ottis confessò in seguito di avere avuto una relazione sessuale. Dopo un pesante litigio, il killer rinchiuse l’uomo nella sua abitazione e appiccò un incendio. Fin da bambino infatti era stato un convinto piromane, che ricavava dagli incendi una vera e propria eccitazione sessuale, probabilmente data dall’adrenalina che gli scorreva nelle vene. George morì una settimana dopo a causa delle ferite riportate. Tuttavia, prima della sua confessione, Ottis non era stato collegato a questo delitto, avvenuto il 4 gennaio del 1982, a causa del quale fu condannato a vent’anni di carcere.
Gli altri omicidi efferati non seguirono un modus operandi preciso:la tipologia delle vittime fu sempre più varia, ma quasi sempre di sesso maschile e, molto frequentemente, non era presente alcun movente rilevante. Tuttavia, Ottis si dedicò spesso e volentieri alla necrofilia e al cannibalismo.
Nell’aprile del 1983 venne arrestato per incendio doloso. Nel giugno dello stesso anno venne arrestato anche Lucas, incarcerato per possesso di arma da fuoco. Questo cominciò a vantarsi della sua fame omicida, nominando anche Ottis, che, in un primo momento, negò qualunque cosa, ma con il passare dei giorni confessò i vari omicidi commessi. Tra questi, quello perpetrato al bambino di sei anni Adam Walsh, rapito nel 1981 in un centro commerciale. Il killer raccontò di aver guidato per circa un’ora senza alcuna meta per poi decapitare il piccolo con un machete. Questo caso fu risolto solamente nel dicembre del 2008 grazie alle nuove tecnologie.
Ottis confessò altri cinque omicidi: John McDaniel, Jerilyn Peoples, Brenda Burton, Ruby McCary e Ada Johnson, tutti uccisi in Florida tra il 1980 e il 1983.
Ottis Toole ricevette la condanna a morte, poi tramutata in ergastolo.
Morì il 15 settembre 1996 per insufficienza epatica.
Le autorità, nonostante le sue confessioni, smentirono un bilancio superiore alle cento vittime, avendo risolto solamente sei casi.
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