Recensione del libro di Daw
Se gli alieni un giorno ti rapissero per leggere i tuoi ricordi al fine di imitare gli esseri umani, cosa troverebbero? In persone normali si troverebbero storie normali, ma entrare nella mente di un fumettista è un’esperienza traumatizzante, e questo libro ne dà l’idea.
Daw, alias “Davide Berardi”, ha pubblicato a fine settembre di quest’anno: “Guida per malvagi alieni su come fingersi un essere umano tutta la vita e farla franca”. In questo libro raccoglie storie varie legate a temi diversi, dalla questione del chiedere indicazioni, considerato “un crimine contro la mascolinità”, al frequentare scuole d’arte dove i fumettisti sono condannati. Tutte le storie sono legate da una linea di fondo: la scansione della memoria del fumettista da parte degli alieni.
La comicità con cui Daw racconta le sue storie è basata principalmente sull’autoironia, che funziona e fa ridere senza essere pesante per il lettore: l’autore ha saputo creare un personaggio fantastico, con il quale dimostra di accettare i suoi difetti (e la sua pessima scelta di intraprendere la carriera di fumettista). Pur essendo maltrattato da tutte le persone che lo circondano, lui stesso compreso, riesce a mantenere una certa dignità.
Affrontando vari temi, Daw trae delle conclusioni dai suoi ragionamenti riuscendo a bilanciare la parte “seria”, in cui effettivamente inserisce spunti da cui partire per riflettere, con la comicità, interrompendo la riflessione al momento giusto, in modo che queste digressioni di pensiero non risultino troppo pesanti o “seriose”, e così ogni capitolo si conclude in modo tranquillo.
Certamente questa lettura è stata molto divertente e ho apprezzato l’umorismo di Daw, in particolare il modo in cui parla di sé e la sua ignoranza di cose base come le verdure, cosa sono i soldi e il non aprire mille parentesi quando parla. Consiglio senza dubbio la lettura di questo libro a chi si vuole fare una buona risata o conoscere la mente di un fumettista.
“Daw non sa di essere bravo e non sarò certo io a dirglielo.” – Leo Ortolani
Monica Tosoni
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