Recensione e commento “L’amico ritrovato”
A volte le amicizie possono segnarti per la vita, che siano lunghe o brevi non conta quando ti affidi all’altro. Fred Uhlman ci racconta proprio questo: Il sentimento può vincere la politica, la guerra e l’ignoranza.
Ci troviamo nella Germania del 1933. Due ragazzi sedicenni frequentano la stessa scuola, uno figlio di un’importante famiglia aristocratica, l’altro di un medico ebreo. Nasce subito l’intesa e i due diventano inseparabili, almeno fino a quando la Storia non presenterà il conto di quella nuova amicizia. Con i tumulti del Nazismo, i due ragazzi verranno messi alla prova fino alla fine della storia.
Come definire il lavoro di Uhlman? Romanzo? Racconto? Alla fine credo che sia Novella il termine più adeguato: pubblicato nel 1971, “L’amico ritrovato” è privo della complessità strutturale del romanzo e non si concentra su un unico episodio o evento come generalmente fa il racconto. La novella si pone in mezzo ai due. Come scrive Arthur Koestler: “Fred Uhlman raggiunge mirabilmente il suo scopo, forse perché i pittori sanno adattare le composizioni alle dimensioni della tela, mentre gli scrittori, sfortunatamente, dispongono di una quantità illimitata di carta”.
Infatti Uhlman, nato nel 1901 a Stoccarda da una ricca famiglia ebrea, è costretto a fuggire in Francia, dove vivrà come pittore, per poi stabilirsi, senza un soldo e senza conoscere una parola della lingua, a Londra. È forse per questo motivo che questo suo libro pare quasi un quadro. Lo scrittore ci mostra delle immagini, delle fotografie della Stoccarda degli anni trenta, quando ancora il nazionalismo non aveva intaccato la vita quotidiana della città. Ed è proprio lì che si svolge la storia: tra i bar all’aria aperta del centro, fra i sentieri della Selva Nera, fra i monti del Wuttemberg e le aule della loro scuola, il Karl Alexander Gymnasium, dove tramite gli occhi di Hans Schwarz, il ragazzo ebreo, assistiamo all’inevitabile salita al potere di Hitler e alle conseguenze che questo ha comportato. Passo dopo passo.
Personalmente, ho trovato questo romanzo in miniatura molto più arricchente di molti altri, a dimostrazione che spesso non servono centinaia di pagine per scrivere un capolavoro, ma solo 80. “L’amico ritrovato” può donare speranza come sconforto. Ma una cosa è certa: regala riflessioni, in particolare in questi giorni di gennaio. Soprattutto oggi, è forse una lettura di rinnovata importanza per ricordarci che, per quanto diversi, siamo tutti esseri umani.
No Comments