Scintille di mare
Poche settimane dopo l’insediamento del nuovo governo guidato dalla premier Giorgia Meloni, la situazione a livello europeo sulla questione migratoria è già bollente. Oggetto dello scontro durissimo tra Italia e Francia è stata la nave Ocean Viking che, con 234 migranti a bordo aveva chiesto di approdare sulle coste italiane, ma essendole stato negato il permesso si è rivolta alla Francia, trovando un porto sicuro a Tolone.
La situazione sembrava risolta quand’ecco che il ministro Matteo Salvini con un post su Twitter e la Presidenza del Consiglio con una nota hanno provocato i nazionalisti francesi rivendicando di aver vinto il braccio di ferro sull’accoglienza della nave gestita dall’organizzazione non governativa (ONG) SOS Mediterranee. A quel punto non si è fatta attendere la risposta dello Stato francese che ha definito l’atteggiamento italiano inaccettabile e assolutamente contrario al diritto internazionale e ha sospeso l’accordo sulla redistribuzione volontaria dei migranti.
Meccanismo europeo
In Europa ancora oggi non esiste una legge sulla redistribuzione dei migranti, ragion per cui sono i Paesi di primo approdo, cioè Italia, Spagna e Grecia, che, secondo l’accordo di Dublino del 1997, si assumono l’onere di ospitare i richiedenti asilo e fare i controlli sui migranti irregolari. Pensate che nel 1997 i richiedenti asilo in Europa furono 242.000, mentre nel picco del 2015/2016 arrivarono persino a sfondare quota 1 milione e nel 2021 sono stati 630.000; tuttavia la legge è sempre la stessa, sebbene i numeri siano decisamente aumentati.
È sconcertante anche che su 90.000 arrivi sulle nostre coste nel 2022 solamente lo 0,12% sia stato redistribuito in Europa.
Per questi motivi a giugno era stato firmato un accordo tra 18 stati dell’Unione Europea per impegnarsi a ricollocare ogni anno 10.000 migranti che arrivano nei Paesi di primo approdo, ma solo Francia, Germania e Irlanda hanno stabilito una quota precisa che possono accogliere, mentre gli altri Stati si stanno rivelando disinteressati al problema. A seguito della crisi diplomatica con il nostro Paese la Francia ha deciso di sospendere la sua adesione al patto di ricollocamento come ritorsione nei nostri confronti.
E così il 12 Novembre l’Italia ha tentato di fare fronte comune con gli altri paesi di primo arrivo per fare pressioni sull’unione Europea, attraverso una dichiarazione congiunta, da cui però si è astenuta la Spagna.
La lettera
“il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto fin ora [..] Riteniamo urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio queste operazioni nel Mediterraneo, anche garantendo che tutte queste navi private (gestite da ONG) rispettino le convenzioni internazionali e che tutti gli Stati di bandiera si assumano la loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali. Ribadiamo la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve effettivamente esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera.”
A questa lettera sono seguite le dichiarazioni francesi secondo cui è l’Italia a non rispettare il diritto marittimo e quelle tedesche, che appoggiano l’operato delle ONG, ritenendolo prezioso dal punto di vista umanitario.
Per farsi un’idea della questione, si consiglia la lettura dei seguenti documenti sul diritto marittimo: articolo 98 della Convenzione ONU, Convenzione SAR e articolo 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La risposta dell’Europa
Da parte sua l’Unione Europea il 25 novembre ha convocato un Consiglio straordinario dei ministri europei dell’Interno, definito dall’italiano Piantedosi positivo e costruttivo. Nonostante i tentativi della presidenza europea di minimizzare le polemiche diplomatiche tra Francia e Italia, l’omologo Gerald Darmanin invece ha esortato il nostro Paese ad aprire i porti se vogliamo che il sistema di ricollocamento venga sostenuto dal suo paese. Il punto centrale della discussione è sempre focalizzato sul ruolo delle ONG.
Conclusioni
Si prospetta una legislatura molto complicata sul fronte dei migranti, perché sembra che il governo Meloni, forte di un solido consenso popolare, non sia disposto ad accettare i discutibili metodi dell’Unione Europea per affrontare il problema. Un problema che, volenti o nolenti, crescerà sempre più nei prossimi anni a causa dei problemi climatici e delle conseguenti crisi economiche e che andrebbe affrontato senza ideologie ma con il pragmatismo e la lungimiranza che la politica è chiamata ad avere.
Nicola Santacatterina
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