L’eroe unificatore dell’Attica, simbolo della liberazione di Atene

La nascita dell’eroe

La nascita di Teseo è alquanto… complicata; questo perché durante la prima notte di nozze sua madre Etra, figlia del sovrano di Trezene, giacque sia con Egeo, suo marito e re di Atene, sia con il dio Poseidone. Non è dato sapere quindi chi sia il vero padre dell’eroe; scegliete voi l’ipotesi che preferite.  

In ogni caso Egeo, dopo che Etra rimase incinta, tornò ad Atene. Chiese alla moglie di crescere il figlio a Trezene, affinché il fanciullo venisse tenuto nascosto e al sicuro dai nemici e le disse anche che, solo quando Teseo sarebbe stato abbastanza grande e in grado di recuperare con le sue sole forze un paio di sandali e la sua spada che lui stesso aveva seppellito sotto una roccia, avrebbe potuto raggiungerlo ad Atene; una cosa facile insomma. In ogni caso il giovane crebbe forte e coraggioso e quando venne il momento sollevò il masso senza problemi.  

Il viaggio verso Atene

Ora aveva due opzioni: raggiungere Atene via mare, decisamente l’ipotesi più sicura, oppure via terra, tramite una strada che pullulava di banditi. Ovviamente, come ogni eroe che si rispetti, Teseo scelse la via più pericolosa. Il primo brigante che incontrò fu Perifete, il quale uccideva i viandanti con la sua mazza ricoperta di bronzo; tutto ciò ovviamente prima che Teseo gliela strappasse dalle mani e lo uccidesse. Con la sua nuovissima mazza continuò il viaggio e incontrò Sini, un criminale dal modus operandi particolare: legava i piedi delle vittime alle cime di due pini tenuti a terra, per poi lasciarli andare e squarciare lo sfortunato. Un uomo simpatico, insomma, che subì per mano di Teseo la stessa morte delle sue vittime. In seguito, l’eroe sconfisse l’aggressiva scrofa di Crommione e incontrò Scirone: egli costringeva i viaggiatori a lavargli i piedi su una scogliera, per poi gettarli in pasto alla sua gigantesca testuggine. La sua fine fu proprio quella di essere divorato dalla tartaruga, spinto da Teseo giù dalla rupe. Poi fu il turno del re Cercione, che sfidava i viandanti  e li uccideva dopo averli sconfitti nella lotta. E infine, ultimo ma non meno importante, Procuste, che offriva il proprio letto come riposo ai viaggiatori; peccato che questo letto fosse in realtà un arnese di tortura. Dopo aver ucciso anche quest’ultimo bandito, Teseo arrivò finalmente ad Atene.  

Il tentato omicidio di Medea

L’eroe salutò il padre, divenne re, e visse per sempre felice e contento! Niente affatto, così non sarebbe divertente: quando giunse in città, l’eroe scoprì che Egeo si era risposato con una maga di nome Medea e da lei aveva avuto un figlio, Medo. Appena arrivato Teseo non rivelò il suo nome, ma Medea lo riconobbe subito come figlio del re e, temendo che il suo arrivo potesse impedire al figlio di succedere al trono, gli chiese di catturare il toro di Maratona, impresa ritenuta pressoché impossibile. Sperava che in questo modo il giovane sarebbe morto, ma, con sua sorpresa, Teseo tornò ad Atene vittorioso e sacrificò il toro agli dèi. Allora Medea tentò la strada più semplice: mise del veleno nel vino del giovane. Teseo sarebbe certamente morto se Egeo, riconoscendo i sandali e la spada, non gli avesse strappato all’ultimo momento la coppa dalle mani. Così, padre e figlio finalmente si riunirono, anche se non per molto. Infatti, Teseo ripartì da Atene quando venne a sapere del Minotauro.  

Il Minotauro

Come era nato il Minotauro? Era stata tutta colpa di Minosse, re di Creta, che aveva osatò offendere un dio (onestamente, un errore da principianti). Poiché non era figlio legittimo del precedente re, bensì di Zeus, Minosse pregò Poseidone affinché, a prova del fatto che era ben voluto dagli dèi come sovrano, mandasse un toro dalle acque promettendo di immolare l’animale al dio. Poseidone mandò un candido grande toro, che venne ritenuto da Minosse troppo bello per essere sacrificato. Così lo risparmiò e ne immolò un altro facendo infuriare il dio, che per vendetta fece innamorare la moglie di Minosse, Pasifae, del toro. Dalla loro unione nacque il Minotauro, essere mostruoso dal corpo umano e dal muso bovino. Poiché́ aveva istinti omicidi fu rinchiuso nel labirinto di Cnosso, costruito dal geniale inventore Dedalo. In seguito all’uccisione da parte degli Ateniesi del figlio di Minosse, Androgeo, il re si servì del mostro per sottomettere la città. Infatti, come espiazione alla grave colpa, esigette ogni nove anni sette giovani e sette fanciulle da dare in pasto al Minotauro. Non appena Teseo fu informato di questa storia si offrì all’istante di partire insieme agli altri giovani ateniesi, sorteggiati per essere immolati, per cercare di uccidere il Minotauro.  

Lo scontro e il ritorno ad Atene

Il problema di Teseo, giovane ragazzo forte e coraggioso, non era certo uccidere il mostro bensì uscire dal labirinto. Per sua fortuna la figlia  di Minosse, Arianna, si innamorò di lui e si offrì di aiutarlo. Gli diede il famoso “filo”, un gomitolo che Teseo srotolò all’entrata del labirinto in modo da riuscire a tornare indietro, e una spada per uccidere il mostro (secondo le regole di Minosse, le vittime avrebbero dovuto entrare disarmate). E così, quando si trovò faccia a faccia con il Minotauro il giovane sguainò l’arma e lo uccise. Un urrà̀ per Teseo! In seguito, l’eroe, Arianna e tutti gli altri ragazzi ripartirono alla volta di Atene. Ma Teseo, forse invaghitosi di un’altra donna (secondo il mito proprio della sorella di Arianna), lasciò la ragazza sulle spiagge dell’isola di Nasso. Abbasso Teseo! La povera Arianna, abbandonata a Nasso (da qui l’espressione “lasciare in asso”) lo maledì. Ma forse non le andò così male: la trovò piangente Dioniso, che se ne innamorò e la portò con sé sull’Olimpo come sua sposa. E la maledizione? Dovete sapere che Egeo, preoccupato per la sorte del figlio, prima della sua partenza gli aveva chiesto di issare le vele bianche e non quelle nere al ritorno da Creta, in modo da sapere subito se fosse riuscito a sopravvivere. Beh, ecco, per quanto le abilità combattive di Teseo fossero divine sicuramente la sua memoria non lo era, perché́, dimenticatosi della richiesta del padre, lasciò issate le vele nere. Egeo, vedendole, si disperò per la morte del figlio e si buttò in mare, che da quel giorno prese il nome di mar Egeo. Così Teseo divenne re di Atene.  

Le avventure con Piritoo

Il migliore amico di Teseo era Piritoo, re dei Lapiti. Questi due erano diventati grandi amici il giorno in cui Piritoo, sentendo raccontare le imprese di Teseo, aveva voluto vedere se era davvero forte come dicevano; per testare l’eroe rubò i suoi buoi (un buon modo per iniziare un rapporto). I due sovrani allora si scontrarono ma, impressionati dalle reciproche abilità, si giurarono eterna amicizia. Insieme presero parte a diverse avventure, tra le quali la caccia al cinghiale Calidonio. Insieme vinsero la guerra contro i Centauri, iniziata durante le nozze di Piritoo e Ippodamia, figlia del re di Argo, a cui ovviamente era presente anche Teseo. I Centauri, resi folli dal vino insultarono la sposa, minacciarono di rapirla e tentarono di violentare le donne dei Lapiti. Scoppiò una rissa che diventò presto una guerra, la famosa “Centauromachia”, in seguito alla quale i Centauri furono cacciati dal monte Pelio.

La discesa negli inferi

Dopo la morte delle loro mogli, Piritoo e Teseo avevano una così alta considerazione di sé stessi che ritenevano di poter meritare come spose due delle figlie di Zeus. La prima a venire loro in mente fu Elena, la donna più bella del mondo (anche se allora era solo una ragazza). Dopo aver rapito la fanciulla, che sarebbe spettata a Teseo, toccò a Piritoo decidere chi avrebbe voluto in moglie, e l’amico lo avrebbe aiutato a rapirla: Teseo mai si sarebbe aspettato che Piritoo scegliesse proprio Persefone, la moglie di Ade. Ora, nessuna persona sana di mente avrebbe mai accettato di accompagnare Piritoo negli Inferi a rapire una dea; eppure, Teseo, insieme all’amico scese nell’Oltretomba. In quanto eroi vennero accolti da Ade, a cui fecero la loro assurda richiesta. Potete immaginare la sua gioia! Il dio finse cordialità e li invitò ad accomodarsi su quelle che si rivelarono essere “Le sedie dell’oblio”: secondo una delle versioni del mito esse diventarono un tutt’uno con la carne dei due eroi, che quindi rimasero intrappolati negli Inferi. Quando quattro anni dopo Eracle giunse nell’Oltretomba per adempiere a una delle sue fatiche (catturare il cane Cerbero), i due eroi lo pregarono di aiutarli e liberarli. Egli riuscì con la sua forza a salvare Teseo, mentre non ci fu verso di separare dalla sedia Piritoo, colui che aveva avuto l’iniziativa. Teseo tornò quindi tra i vivi, ma secondo Virgilio, alla sua morte dovette scontare la pena di tornare su quella sedia per l’eternità.

Emma Grazioli