Un film di Wes Anderson

Wes Anderson

Chi ha visto il film “The Grand Budapest Hotel” (2014) – e chi non lo avesse ancora fatto rimedi al più presto – sono certo che si sarà reso conto di non aver mai assistito a nulla di simile.

 Quello di Wes Anderson, regista classe 1969, è uno stile che definire inconfondibile sarebbe un eufemismo: le inquadrature perfettamente simmetriche e talvolta anche speculari, la ricchissima e studiata composizione dei set e il massiccio uso di colori pastello rendono immediatamente riconoscibile qualsiasi sua opera.

Wes Anderson è famoso anche per i suoi numerosi feticci: salvo rare eccezioni lavora sempre con gli stessi attori, è un amante della pellicola che preferisce alla più moderna tecnologia digitale, scrive sempre le storie di suo pugno e le ambienta quasi esclusivamente in un tempo passato.

La caratteristica che più apprezzo di questo regista è la capacità di creare micro-universi sempre differenti ma con dei tratti inconfondibili, capaci di risucchiarci in un’atmosfera che sembra un sogno surreale e bizzarro.

La storia è ambientata su più filoni, ma il principale si svolge negli anni 30. Gustave è il concierge del Grand Budapest, hotel sfarzoso frequentato dall’aristocrazia Ungherese. L’uomo intrattiene una serie di relazioni con le ospiti dell’hotel, una delle quali è Madame D., donna ricchissima che però in circostanze poco chiare muore, lasciando come dono a Gustave il dipinto noto come “Ragazzo con mela”.

Da questo episodio ne avranno luogo molti altri e Gustave si ritroverà coinvolto in diverse disavventure.

 Wes Anderson, all’anagrafe Wesley, nasce nel 1969 a Houston in Texas, figlio di un pubblicitario e di un’archeologa. Dal 1995 al 2021 ha diretto 10 lungometraggi e 8 cortometraggi. È conosciuto soprattutto per film come “I Tenenbaum”, “Moonrise Kingdom” e appunto “The Grand Budapest Hotel”.

Pietro Polver