UN PAESE IN SCONVOLGIMENTO
In questi giorni sto leggendo un bellissimo libro di Aldo Cazzullo, intitolato “Il Dio dei nostri padri”, in cui l’autore si inoltra nel labirinto di storie che compongono la Bibbia, e racconta l’incredibile viaggio del popolo ebraico attraverso i secoli, nelle terre del Medio Oriente. Ciò che più mi ha stupito, ascoltando allo stesso tempo le notizie che ci vengono quotidianamente riportate, è che poco o nulla sembra essere cambiato. Quella zona del mondo è ancora caratterizzata da cruenti e dilanianti conflitti tra popoli con culture e credenze religiose diverse. In particolare, la Siria catalizza le attenzioni maggiori, dopo che la pluridecennale dittatura della famiglia Assad è crollata, lasciando spazio al governo dei ribelli. Metteremo a confronto l’uomo del passato, del terrore e delle persecuzioni, con l’uomo del presente e forse del futuro; una speranza per migliaia di siriani, in patria e nel mondo.
La speranza della Siria
Tutti lo conoscono come Abu Mohammed Al Jolani: un nome di battaglia, creato ad arte, che tuttavia fornisce già alcune informazioni. Il termine che noi considereremmo un cognome, infatti, Al Jolani, indica letteralmente “colui che proviene dal Golan”. Queste alture consistono in una zona di confine storicamente contesa da Siria e Israele. La famiglia di Abu dovette fuggire in seguito alla guerra del 1967, durante la quale lo Stato ebraico, uscitone vittorioso, conquistò gran parte della regione. Si trasferirono dunque in Arabia Saudita, Stato sunnita, e nel 1982 nacque loro un figlio, l’uomo di cui oggi in Medio Oriente tutti parlano. In seguito a pochi anni, tornarono in Siria, e si stabilirono nella capitale Damasco.
Il suo trascorso da combattente iniziò nel 2003, quando si recò in Iraq per lottare contro l’esercito degli Stati Uniti. L’invasione americana era scaturita dagli attentati alle Torri Gemelle ed aveva come obiettivo l’annientamento del governo islamico del Paese. Al Jolani entrò a far parte delle milizie della resistenza, ma venne catturato e rinchiuso nella prigione di Camp Bucca, situata nell’estremo sud iracheno, per la durata di un anno.
Lì ebbe l’occasione di conoscere una delle persone più influenti e note tra i terroristi e i leader islamici di questi ultimi decenni: Abu Bakr Al Baghdadi. Costui fu l’ideatore e la guida dell’Isis: un’organizzazione terroristica paramilitare, chiamata Stato Islamico, che negli scorsi anni ha compiuto numerosi attentati in Europa, causando numerosissime di vittime. Il Califfato conobbe la sua massima espansione nel 2014, anno in cui conquistò una notevole porzione di territorio in Iraq e Siria, seppur contrastato dai curdi e dalle forze Occidentali; fortunatamente, ad oggi la sua forza è molto ridimensionata.
L’incontro tra i due, comunque, fu molto importante per Al Jolani, poiché, dopo essere stato liberato, ricevette da Al Baghdadi il compito di federare le forze islamiche siriane e spianare così la strada all’organizzazione terroristica. Nonostante questa decisione, Al Jolani diede prova per la prima volta di furbizia e pragmatismo. Infatti, non si espose dichiaratamente ma denominò il proprio movimento “Jabhat al Nusra”, che in arabo significa “il fronte del supporto”. Un’interessante descrizione della sua personalità ci perviene dal resoconto dell’inviato speciale dell’Isis in Siria dell’epoca, il quale scrisse: “Al Jolani è una persona astuta, ipocrita, adora sé stesso, non si preoccupa della religione dei suoi soldati, è disposto a sacrificare il loro sangue per farsi un nome sui media, si illumina quando sente il suo nome menzionato sui canali satellitari”. Del leader emergeva dunque l’arroganza e l’interesse in sé stesso; ma soprattutto la dichiarazione che afferma che non sarebbe “interessato alle religioni dei soldati” pone una speranza sul suo governo, poiché sembrerebbe accrescere la garanzia nella tutela delle minoranze siriane. Il passo successivo per Al Jolani è stato l’avvicinamento al gruppo di Al Qaida, l’autore dell’attentato delle Torri Gemelle contro cui gli americani si erano schierati invadendo l’Iraq. Il gruppo ha un vissuto più antico di quello dell’Isis, di cui è stato in realtà l’origine. Tuttavia, ancora una volta Al jolani lesse in anticipo le possibili conseguenze per sé, e così, per evitare che il suo movimento divenisse un bersaglio degli americani, cambiò il nome del movimento, rompendo i suoi legami con i terroristi islamici e chiamandolo “Movimento per la liberazione della Siria”.
Il suo destino rimase incerto e la sua esistenza pressoché sconosciuta fino alla recente avanzata su Damasco. Nonostante questo, Al Jolani negli anni del regime di Assad mantenne il controllo su una piccola regione periferica, posta vicino al confine con la Turchia: Idlib. Qui Hts (sigla del movimento) si scontrò contro cellule dormienti dell’Isis e Al Qaida, e governò la regione cercando di mediare tra le diverse componenti sociali. Nel 2020 e nel 2021, in particolare, la zona fu oggetto di pesanti bombardamenti e attacchi da parte dell’aviazione russa e siriana, nel vano tentativo di sottrarla ai ribelli.
Proprio a partire dall’estremo angolo della Siria, è scaturita la repentina e sorprendente avanzata che nel giro di due settimane ha letteralmente sbriciolato le forze di Assad, costringendolo alla fuga in Russia e mettendo fine al regime del terrore. Il suo maggior merito è stato unire le forze di coloro che odiavano il regime, e stringere Damasco in una morsa composta dai curdi, popolo senza Stato, storicamente perseguitato dalla Turchia, che detiene il 30% della Siria, e dai drusi, una minoranza etnica non musulmana.
L’attenzione internazionale e del popolo siriano è ora totalmente incentrata su quello che succederà, perché i buoni propositi e le speranze sono bilanciate dalla diffidenza, dal timore di rivivere gli stessi attimi di sconforto della Kabul riconquistata dai talebani.
Al suo arrivo nella capitale, Al Jolani si è inginocchiato per baciare il suolo, ha dichiarato che non ci sarà nessuna pietà per coloro che hanno collaborato con il regime di Assad, ha riaperto le carceri e, soprattutto, ha fissato in primavera la scadenza per le prossime elezioni democratiche della Siria. Durante un’intervista rilasciata in esclusiva al TG1, hanno colpito il suo atteggiamento conciliante e le sue parole, intrise di rispetto nei confronti del processo costituzionale e delle istituzioni Siriane.
Un chiaro segno della fiducia che sta iniziando a costruire intorno a sé a livello internazionale è il fatto che gli Stati Uniti abbiano revocato la taglia da 10 milioni di dollari che pendeva sul suo capo dal 2017, in seguito ad un incontro nel quale il leader arabo avrebbe garantito il suo impegno nella lotta al terrorismo islamico.
Il pragmatismo di Al Jolani è evidente: sta cercando di far allentare progressivamente le sanzioni che sono state applicate alla Siria, a causa del regime precedente, e sta cercando di presentarsi come il leader di un Paese pacificato e sotto il controllo del Governo. Secondo questa stessa logica, rivolgendosi allo Stato d’Israele, che prontamente ha bombardato tutti i depositi e le basi militari siriane, ha dichiarato che la Siria non ha nessuna intenzione di entrare in uno scontro con lo Stato Ebraico, e, anzi, è focalizzata su sé stessa.
Io spero vivamente che il nuovo corso della Siria sia una transizione verso uno Stato in grado di autodeterminarsi democraticamente e tutelante delle numerose minoranze che ospita, prima su tutte quella cristiana. Il tempo ci rivelerà se tutto questo è solamente un’illusione oppure è l’inizio di un futuro fatto di stabilità e di sicurezza. L’importante tuttavia è non dimenticare il passato, e non commettere l’ingenuità di pensare che uno Stato Arabo potrà mai essere come l’Italia, la Francia, la Germania o qualsiasi altro Stato Europeo, perché le differenze in materia di diritti e visioni della società sono troppo ampie. Quello in cui possiamo sperare è un governo non radicalizzato, che applichi la sharia in un modo moderato, e, per quanto possibile, riformista. Un bastione, nel Medio Oriente, contro il regime iraniano dei Pasdaran e il suo “Asse del Male”.
Nicola Santacatterina
No Comments